Gesta di Brigastio – Canto Sesto

Brigastio e il buon Corvino, o mio Lettore,
Sono davanti alla tremenda armata
Che Cuordipietra, non curando onore,
Tra il proprio scranno ed essi ha radunata
Mirando a fare sì che il loro cuore
Finisca di pulsare in quella data,
Che, se ricordi ben, quel reggimento
Di fantaccini ne dispone cento!
Grida Corvino a quel malvagio sire:
«Presto risponderai de’ tuoi misfatti
E dovrai rinunciare alle tue mire,
Che tutti questi, dietro cui t’acquatti,
Son buoni per crepare o per fuggire
Come topastri tra due svelti gatti!»
Risponde Cuordipietra: «Or n’ho abbastanza!
Avanti miei soldati! Alla mattanza!»
Cento soldati giovani e robusti
Avanzan come fossero un sol sgherro:
Han chiusi i petti negli usberghi angusti
E stretto nelle mani il legno o il ferro,
Han picche fitte come fitti arbusti,
E spiedi, da passar per lungo un verro,
Asce e alabarde da spianare un bosco,
E spade e mazze, e frecce intinte in tosco.
I due nobili amici dan l’assalto:
non temono quei cento malfattori!
Corvino leva la sua lama in alto
Dietro allo scudo dai ventotto fori;
Brigastio avanza, con un grande salto,
E il primo che ha a portata, lo fa fuori:
Così comincia, con le grida sue,
La battaglia dei cento contro i due.
Comincia la battaglia e immantinenti
Il sangue scorre e sprizza per la sala;
Corvino dà mandritti e dà fendenti,
Solleva Brandifiamma e poi la cala,
Spezzando lance e scudi ed arti e denti,
E aprendo i teschi fino all’amigdala:
La sua armatura, che parea d’argento,
Ben presto è fatta rossa nel cimento.
Brigastio schiva colpi da ogni lato:
Punte di lancia e lame d’alabarda
S’abbattono ove poco innanzi è stato,
E chi ha vibrato il colpo ristà e guarda
E di sorpresa è colto e trapassato,
Che il nostro eroe la ritorsion non tarda
Ed alla Morte, se gli si fa appresso,
Lui dice spazientito: «Non adesso!»
In una mano stringe Zanna, rossa,
Nell’altra impugna il brando d’un caduto:
Dà colpi con gran lena e con gran possa,
Sferrando l’uno e l’altro ferro acuto,
E ad ogni movimento e ad ogni mossa
Fa un avversario morto e uno abbattuto.
Combattono da solo pochi istanti
E già non c’è chi voglia farsi avanti!
Allora si apre un varco tra coloro
Che di Brigastio affrontano la destra,
Lasciando il campo a quelli il cui lavoro
È bersagliare altrui con la balestra
Usando dardi il cui più picciol foro
Lo spirito dal corpo defenestra,
Poi c’hanno sulla punta un tal veleno
Che chi lo tocca appena viene meno.
Scaglian le corde un sibilo spettrale
E volano i quadrelli velenosi
Verso l’eroe, al quale nulla vale
Lanciare a destra e a manca sguardi ansiosi
In cerca di un riparo funzionale
Che lo protegga da que’ dardi astiosi…
Quand’ecco che lo scudo di Corvino
Si para fra Brigastio e il suo destino!
Subito i nemici, come un’onda,
Danno l’assalto al prode paladino,
Sperando, mentre è preso a far da sponda,
Di ucciderlo nel modo più meschino,
Come colui che giunge a tergo e affonda…
Ma al primo che gli arriva un po’ vicino
Brigastio con un colpo dà la morte
E a tutti gli altri giura stessa sorte!
Dietro lo scudo, tempestato a frecce,
I due compagni avanzano alla volta
Di quelle vili balestranti fecce
Che fan di dardi una foresta folta,
E d aprono nel corpo grandi brecce
Ad ogni guardia che sia tanto stolta
Da farglisi d’appresso nella mischia
Come colui che non sa cosa rischia.
Un passo, un altro passo e un altro ancora
E sono in mezzo ai tiratori scelti;
Dicono a ognuno «È giunta la tua ora!»
E menan colpi poderosi e svelti
Come nessuno mai prima d’allora:
Corazze, maglie ed elmi son divelti
E le anime si partono dai corpi,
Lasciandoli per terra vuoti e storpi.
Cuoredipietra dal suo trono cupo,
Stringendo il pugno e digrignando i denti,
Ringhia a’ soldati, simile ad un lupo:
«Branco di scellerati inconcludenti!
Meglio per voi gettarvi da un dirupo
Che venir meno ai miei comandamenti!
Vincete o passerete giorni amari!
E similmente tutti i vostri cari!»
Tutte le guardie ancora vive e intere,
Spronate da una simile minaccia,
Attaccano Brigastio e il Cavaliere
Con la ferocia di una muta in caccia,
Colpiscono il pennacchio e lo schiniere,
Bersagliano il torace e gambe e braccia,
E fan di lame ed aste tal muraglia
Che pare quella che in Catai si staglia.
Gli eroi si batton senza batter ciglio
E ammucchiano sul pavimento i morti:
Fendono, affondano e danno di piglio,
Ma gli avversari sono fatti forti
Dal grido minaccioso e dal cipiglio
Del loro sire che, per tutti i porti,
Ha fama d’essere vendicativo
E più d’ogni altro sadico e cattivo.
Come l’onda durante il maremoto,
Che si solleva in alto e poi si abbatte
Facendo vuoto il pieno e pieno il vuoto,
Così le guardie, disperate e matte,
Ricadono sui due in un solo moto
Cercando di schiacciarli come blatte,
Ma come per gli scogli avviene al mare,
Quei fanti i due non riescono a piegare.
I nostri prodi, schiena contro schiena,
Scansano e assaltano e sferrano affondi,
Cercando di arginare il fiume in piena
Di que’ soldati urlanti e fremebondi;
Ma quelli attaccano con tale lena
Da fare diventare i cubi tondi,
e il sangue che ora imporpora i due amici
Non è soltanto quello dei nemici…
Ma non si perdon d’animo e combattono
E falciano i soldati come grano,
Più se ne fanno sotto e più ne abbattono,
Non vibrano mai un colpo che sia in vano,
E se uno sopravvive, lo ribattono,
Gettandolo per terra non lontano:
Ormai le salme al suolo sono tante
Che non v’è quasi ove posar le piante!
Così Brigastio, per schivare un maglio,
Inciampa in un caduto e cade prono
Su un corpo ch’era stato un suo bersaglio
(Ed ora non fa un moto e non dà un suono
E accingesi a puzzare più dell’aglio,
Ma senza che in cucina torni buono)
E già trionfante, su di lui riverso,
Incombe il ghigno del guerriero avverso.
Pronto, Brigastio rotola su un fianco,
Prima che il colpo lo raggiunga in testa,
Poi, con la lama che ha nel pugno manco,
Veloce come un lampo di tempesta,
Trapassa all’avversario il petto stanco,
Tanto che il brando imprigionato resta
E cade insieme al corpo nel carname
Che pavimenta ormai quel luogo infame.
Brigastio si rialza e sente al piede
Di colpo, senz’avviso, una gran fitta,
E guarda in basso e con sorpresa vede
Che una punta di freccia s’è confitta
Dov’egli appoggia in terra quando incede,
Sicché la pianta destra gli ha trafitta:
La svelle come se non fosse niente,
Ma ben la situazione è differente:
Quel dardo che Brigastio ha calpestato
Poc’anzi stava in cocca a un balestriere
Che il ferro della punta avea imbrattato
Con il veleno di diciotto fiere,
E il colpo che l’avea così spezzato
Venia da quello stesso che ora fere
E che già sente che il suo corpo langue
E gli si muta in acquaragia il sangue.
Allora, per un attimo, barcolla,
Che già la vista gli si fa velata,
E non si avvede di uno che gli ammolla
Un colpo con violenza smisurata
Mirando dritto al capo senza tolla
Ed alla faccia priva di celata,
Ma fra Brigastio e quella conclusione
Si pone di Corvino il forte umbone:
Corvino para i colpi e poi li rende,
E quello che nei campi fa l’aratro
Quando la terra con il rostro fende,
Nell’ombra di quel luogo tetro ed atro,
Lo fa il suo brando ove i nemici offende,
Sicché per quelli, al modo del teatro,
Cala il sipario sopra gli atti umani
E non c’è fischio o battito di mani.
Un colpo e un altro e un altro colpo ancora
E l’ultimo dei cento è trapassato.
Rimasto in mezzo alla cruenta gora
Brigastio, con il corpo avvelenato,
Di già vede la Morte e già la sfiora,
Ma ancor le dice: «Mettiti di lato!
Giammai non sia che la tua falce tetra
Carezzi prima me che Cuordipietra!»
Corvino allora, nella sua armatura
Imporporita dal combattimento,
Con più d’un taglio e d’un’ammaccatura,
Solleva verso il vile il cinto mento
E dice, con la voce irata e dura:
«Non ti è rimasto in fine che il cimento!
Oppure striscia in terra qual serpente
E implora che il mio amico sia clemente!»
Cuoredipietra ride e con gran lena
Estrae da dietro il trono un’ampia giara,
E dice al cavaliere, senza tema:
«Se credi di serrarmi in una bara
O rendermi qual cane alla catena,
Tu e l’altro avrete una sorpresa amara!»
Ciò detto toglie il tappo alla pozione
E la trangugia tutta in un boccone…
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