Ho visto questa serie: Sense8

Ho iniziato a guardare Sense8 prima di sapere si trattasse di un lavoro dei Wachowskis (il che è stato un bene – nel senso della rimozione dei preconcetti – perché Cloud Atlas non mi aveva soddisfatto e Jupiter Ascending non l’ho ancora visto) e ai primi episodi ho ignorato i titoli di testa, incantato dalla colorata bellezza della sigla. Già al secondo episodio, Sense8 reclamava il suo posto tra le migliori serie in assoluto, tra le decine che ho guardato. Non lo scrivo sulla scia di un entusiasmo passeggero e no, non sono sponsorizzato da Netflix (per quanto non rifiuterei, visto la qualità delle loro serie), ma lo affermo perché, durante la visione, mi è capitato spesso di fermarmi estasiato a mormorare: «È bellissimo…» (un po’ come mi capita quando leggo Dante, ma meno di frequente).

La trama, senza svelare niente, è questa: 8 persone in diverse parti del mondo scoprono, più o meno all’improvviso, di essere collegate da un profondo legame telepatico.

Da qui in poi abbiamo tutto: azione, intrigo, fantascienza sottile, ironia, traumi (infantili e non), famiglia nel bene e nel male, amicizia, amore eterosessuale, omosessuale e transessuale (tematiche trattate con eloquente delicatezza, elegantemente a proposito, considerati i dibattiti di questo periodo).

Ma soprattutto c’è tanta poesia.

Non nel senso che c’è una vocina didascalica che quota qualche autore a tema preso dal manuale delle citazioni, intendo proprio che le scene sono poetiche, la fotografia è meravigliosa, i dialoghi non sono banali, la scelta dei paesaggi e la cura degli interni sono un’arte già da soli.

Ognuno degli otto personaggi viene approfondito, giustamente, come se fosse il protagonista, con tanto di flashback e comprimari molto ben caratterizzati, e il tutto avanza con un ritmo notevole, senza mai diventare noioso nemmeno per un attimo.

Il cast è un insieme di volti giù visti, scelti molto bene, e che non mi hanno deluso.

La macrotrama si svela a poco a poco e solo alla fine dei dodici episodi della prima stagione (dovrebbero essere cinque) si ha un’idea di cosa stia succedendo (ma non di cosa succederà, il che è ottimo).

Forse mi ha lasciato leggermente perplesso un certo discorso riguardo ai Sensate (così sono chiamati questi individui collegati fra loro) che li indica come una razza umana distinta dall’homo sapiens (il che ha senso, anche se fa un po’ X-Men) e che rischia di creare un po’ una tematica “noi contro loro”, ma sospetto e spero che questa verrà superata nelle prossime stagioni proprio in virtù di questo senso di condivisione che la serie vuole trasmettere (l’idea centrale di tutta l’opera è il superamento dell’isolamento egoistico).

Le scene d’azione sono – ovviamente – ben girate e solo leggermente fumettose, con quei tocchi di eccesso giustificati dal soggetto fantascientifico.

Se conoscete qualcosa delle vicende personali dei riservatissimi autori, anzitutto siete dei pettegoli, e poi potrete ritrovare qui non poco autobiografismo.

In conclusione Sense8, all’indomani della prima stagione, è un’opera d’arte che riesce forse ad alzare di un altro gradino il livello, ormai spesso stratosferico, dei serial televisivi: il cinema farà meglio ad adeguarsi in fretta.

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