Dune di Frank Herbert

 

Il Ciclo di Dune di Frank Herbert è uno dei più popolari della fantascienza e se ci avventuriamo nelle sue distese desertiche troviamo più di un’eco della sua voce filtrata dalla tuta distillante: una miniserie per la TV, un film (con la regia di David Lynch e Sting che fa il cattivo), un paio di storici videogame e tutta una serie di influenze più o meno dirette su altri cicli, come ad esempio Star Wars (gli Hutt e Tattooine) o quell’ambientazione per Dungeons & Dragons che risponde al nome di Dark Sun (i riferimenti e gli spunti si sprecano, sia nel setting che nel ciclo di romanzi derivati, la Pentalogia del Prisma, di Troy Denning).

Le trasposizioni per lo schermo attingono per lo più dal primo volume della saga, mentre il ciclo originale ne comprende sei:

Dune

Il Messia di Dune

I Figli di Dune

L’imperatore Dio di Dune

Gli Eretici di Dune

La Rifondazione di Dune

Esiste anche una gran quantità di libri ambientati prima, dopo e durante le vicende dell’esalogia, ma solo una raccolta di racconti è stata scritta da Herbert e solo due romanzi sono basati sui suoi appunti. Ad ogni modo io non li ho letti, quindi non ne parlerò.

Personalmente, ho amato soprattutto i primi due libri e gli ultimi due (non mi è ben chiaro come l’ultimo libro, intitolato originariamente Chapterhouse Dune, sia stato tradotto La Rifondazione di Dune, per quanto il titolo sia pertinente), ma la vera grandiosità di quest’opera sta proprio nel suo sviluppo attraverso i suoi vari capitoli. Non solo Herbert ha creato un ecosistema convincente per Arrakis (nome originale del pianeta noto in gergo, appunto, come “Dune”), con tutto il ciclo di produzione della famigerata Spezia e il suo rapporto col ciclo di vita del verme della sabbia, ma ha anche rappresentato millenni di evoluzione di un vasto impero stellare (originato in un lontano passato da migrazioni partite dalla Terra) e, soprattutto, dell’umanità che lo popola. L’umanità, in questi romanzi, è infatti un essere in divenire, che cerca costantemente nuove strade evolutive, sia in senso interiore che esteriore. Queste strade vengono generalmente inaugurate da un unico personaggio, ed io trovo magnifica la rappresentazione di questo rapporto tra il singolo individuo e l’umanità come un tutto: i protagonisti, rampolli e discendenti della famiglia Atreides, hanno di volta in volta diversi ruoli, che fanno di loro i fulcri di giganteschi cambiamenti e balzi evolutivi nella vasta umanità fantascientifica del futuro stellare di Frank Herbert

Inoltre ci sono duelli all’arma bianca, scudi di forza, misteriose religioni, oscure filosofie, discipline psico-fisiche, popoli guerrieri delle dune, grandi combattenti, computer umani, veggenti, intrighi, sotterfugi, gigantesche battaglie e memorie dei tempi antichi (che poi sarebbero i nostri). Insomma non ci si fa mancare niente.

Non voglio svelare troppo perché la lettura è gustosa e appassionante e dà un’elegante idea di profondità dell’ambientazione: ogni collettività specifica (i Fremen del deserto, la Sorellanza Bene-Gesserit, i Sardaukar imperiali, i Volti Danzanti del Bene-Tleilax, i Mentat, la Gilda Spaziale…) ha il suo proprio entroterra culturale, la sua filosofia e la sua civiltà, spesso descritte in dettaglio, ma in modo sufficientemente spalmato nell’azione da non risultare didascalico.

Due cose in particolare mi hanno colpito di questi romanzi: le trame, modellate sull’attuazione dei complessi e raffinati piani dei protagonisti, di cui però il lettore non è mai messo a parte (sai che c’è un piano, ma non lo conosci e non sai se avrà realmente successo), e la lucida riflessione storico-politica di Herbert (fatta per bocca dei suoi personaggi più evoluti), che meriterebbe di essere studiata a scuola (almeno nella facoltà di Scienze Politiche).

Ho molto apprezzato anche la tematica della preveggenza e tutte le speculazioni sui suoi possibili rapporti con il destino e la libertà di scelta, e il fluire del tempo in generale.

Ed è appunto tempo che io vada, perché il sole di Arrakis è tramontato dietro al Muro Scudo e mi attende un viaggio di settanta martellatori per ritornare al Sietch…

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