Gesta di Brigastio – Canto Secondo

 

Prima che la mia storia vada avanti

E vi racconti della strada tetra

Che il protagonista dei miei canti

Percorse, circondato da tal pietra,

Tal buio, tal pericoli e tal pianti

Che fan tacere il liuto con la cetra,

Lasciate che vi parli un po’ più a fondo

Di Brigastio che non ha eguali al mondo:

 

Nessuno mai che visse sulla terra

Nacque da stirpe tanto alta e pura,

Ma questo non gli risparmiò la guerra,

La fame, l’afflizione e la paura:

Crebbe laddove niuna cinta serra,

Lontano dal castello sull’altura.

Visse coi lupi e poi fu capo branco,

Finché di andar carponi non fu stanco.

 

Di questi fatti e d’altri che seguiron

Intendo narrar meglio altrove in prosa;

Qui dirò solo che di lui s’udiron

Le gesta e gli atti ovunque, senza posa:

Le sue avventure mai non si esauriron

Ed ebbe parte in ogni umana cosa,

E fu famoso in così tanti nomi

Che, scritti, riempirebber molti tomi.

 

Il nome che gli aveva dato il padre

è “Sem”, che vuol dire solamente “Uno”

(In quella lingua che delle altre è madre

E che oramai non parla più nessuno),

Forse per le fattezze, sì leggiadre

Che averne uguali non poteva alcuno;

E si capiva, già dai primi pianti,

Che avrebbe meritato versi e canti.

 

Ma poi da tutti quanti fu chiamato

“Brigastio”, perché era spesso in lite

E aveva a molta gente rovinato

Giornate intere e forse intere vite,

E sempre, giorno e notte, era impegnato

In lotte e imprese perigliose e ardite,

E in scontri con i modi e i motti altrui,

E con chiunque che non fosse lui.

 

E se qualcuno mai gli reca offesa

O vuole imporre un corso alle sue azioni

E fa o gli dice qualche cosa intesa

A fargli cambiar piani o decisioni,

La sua reazione lui non la soppesa

E non si ferma a far valutazioni,

Ma sempre lo costringe alla tenzone

E non gli importa se sia un re o un cialtrone!

 

Se mi ascoltate, or vi dirò di quella

Donna, dea di grazia e gentilezza,

Che, al primo sguardo che le die’ di sella,

Il cuore gli involò come una brezza:

è una fanciulla tanto pura e bella

Quanto il concetto stesso di bellezza

E tale è alla visione il suo splendore

Che non si può guardarla senza Amore.

 

“Sofia” è il nome con cui la conosco,

Ma ne ebbe anche altri, in lingue meno ellene,

(Era nota, tra chi non fosse losco,

Quasi dovunque in epoche più amene).

Brigastio la incontrò, lasciato il bosco,

Quando per bere, come si conviene

A chi ha sete, si fermò a una fonte

Che limpida sgorgava da un gran monte;

 

Codesta fonte è ardua da trovare,

Nascosta com’è dentro una scarpata,

Ma il suo corso non si può arrestare

E non esiste che sia prosciugata:

Grandine e freddo non la fan gelare

Né caldo torrido l’ha mai seccata;

Rinfresca più dell’aria del mattino

E scalda il sangue molto più del vino.

 

Brigastio, giunto quivi per destino,

Scorse Sofia coi piedi nelle acque

Che, sotto al candido di un corto lino,

Vestiva l’abito col quale nacque,

La scorse bene nel sol mattutino

E quello che scorse non gli dispiacque:

Di lei l’immagine in quella fontana

Era la massima visione umana.

 

I due si amarono a prima vista

Di quell’Amore che trattiene il fiato

E che, se non prendo una grossa svista,

Di due fa un solo (come insegna Plato)

E molto ottuso, crudele e egoista

Brigastio credo che sarebbe stato

Se non avesse incontrato Sofia

Mentre che cavalcava in quella via.

 

Come spesso raccontano i poeti,

Di stare l’un con l’altra in compagnia

Gli amanti sono così tanto lieti

Che dai loro petti volano via

I cuori, e di posto, in modi segreti,

Si scambian, come per una magia,

Così che ognuno dell’altro ha in sé il cuore…

Che strani effetti può avere l’Amore!

 

Sugli orli sdrucciolevoli e lubrichi

Di quella fonte che li fé incontrare,

Posando insieme, all’ombra dei bei fichi

(Nella stagion che li facea fruttare),

Tesero a lungo, al modo degli antichi,

Ad opere che è bello non citare,

Ed ogni cosa che ha valore umano

La fecero tenendosi per mano.

 

Ma giunse un tempo nero come inchiostro,

Ed una tenebra, pesante e densa,

Avvolse ogni cortile ed ogni chiostro,

Calò sopra ogni tavola e ogni mensa,

E, tutto penetrando come un rostro,

Gettò una notte tanto lunga e intensa

Che mai ve ne fu eguale prima o dopo

Ed ogni paragone è senza scopo!

 

Dentro quel buio, che la vista azzoppa,

Brigastio si muoveva piano piano,

Ma come quel che, mentre va, s’intoppa

E a stare in equilibrio prova in vano,

In quella oscurità, che gli era troppa,

Della sua amata abbandonò la mano,

E pur se la cercò con molti affanni

Non la rivide per parecchi anni.

 

A lungo andò solingo ed errabondo,

Di lei trovando traccia raramente,

Vagando senza guida per il mondo.

E non lo giudicate malamente

Se un’altra donna lo fa un po’ giocondo:

Chi al buio ha dimorato lungamente,

Vedendo un picciol lume di lanterna

Lo scambia per il Sole quando sverna.

 

Ora (sperando di non fare male)

Vi spiegherò che la bella Sofia

Conserva un segreto, svelato il quale

C’è chi insinuerà che sia una bugia:

Dovete sapere ch’ella è immortale,

Ma non saprei dirvi per quale via

Si sia vestita di un simile pregio,

Se per miracolo, per sortilegio

 

O per quella fonte, limpida e pura,

Dove a bagnarsi va la caviglia,

Che non si esaurisce mai, ma perdura

E corre il mondo per miglia e per miglia,

Supera il piano, scavalca l’altura,

Va, come il baio c’ha sciolta la briglia,

E scorre e irriga e sgorga in eterno,

E non si asciuga mai in estate o inverno.

 

Avendo di Brigastio il cuore in petto,

La bella donna dal bel bianco seno,

Per quel Mister d’Amor di cui v’ho detto,

Fece immortale anch’egli o, per lo meno,

Tale che il Tempo lo fa più perfetto

Anziché sfarlo con il suo veleno;

Sicché egli vide sorgere e cadere

Le umane civiltà di tutte l’ere.

 

In molti modi puoi tirar le cuoia:

Trafitto da una lancia o da un coltello,

Per un veleno che si ignetta o ingoia,

Per un amplesso, proprio sul più bello,

Per fame, per paura o per la noia,

Perché t’hanno picchiato col randello

Oppure ti han buttato dal balcone,

Per una sbronza o per indigestione,

 

Per un toro impazzito dalla foia

Che con le corna o peggio ti trapassa,

Per un torturatore che ti scuoia

O le ossa ad una ad una ti fracassa,

Per troppa sofferenza o troppa gioia

Che il cuore non sa reggere e si scassa,

O perché hai così tanto a cui pensare

Che forse hai tralasciato di campare.

 

Qual che sia il luogo e il modo in cui tu muoia

(Per asfissia o per annegamento,

Per l’opera chirurgica del boia,

Perché han sbagliato farmaco o intervento;

In un buon letto o in terra su una stuoia

O anche, perché no, sul pavimento),

È una questione che riguarda tutti,

Sian sulla terra, in aria o in mezzo ai flutti.

 

Di questo fatto che il mio inchiostro scrive

E che ho trattato ormai diffusamente

(Ossia che attende Morte chiunque vive

E non le importa di chi sia parente)

Brigastio, che ha meningi molto attive,

Come si può capire, era al corrente,

Vieppiù che aveva visto a tutte l’ore

Calar la falce il Tristo Mietitore.

 

Brigastio non sapeva di preciso

Quanto immortale fosse veramente:

Si accorse presto, stando sull’avviso,

Che il tempo, che va via velocemente

E a tutti fiacca il corpo e solca il viso,

Non infieriva su di lui per niente,

Ma chi poteva dire se lo stesso

Valesse di ogni causa di decesso?

 

Brigastio amava molto la sua vita

E non si dava pace che potesse,

Per incidente, malattia o ferita,

Sfuggirgli tutta, quanta che ne avesse,

Nel modo in cui fa l’acqua tra le dita

A quel che con le mani la prendesse;

Così, con questo tarlo nella mente,

Divenne a poco a poco più prudente.

 

Passaron gli anni, senza mai fermarsi,

E quel gran dubbio, della cui presenza

Brigastio non riusciva a liberarsi,

Finì col divorare la prudenza

E, continuando sempre ad allargarsi

Come un morbo che attacchi con violenza,

Al suo posto ci mise la Paura,

Rendendogli la vita grama e dura.

 

La Paura, quando non è ammansita,

Può farti tremar tutto, come il sale

Se te lo spargi sopra a una ferita,

E trasformarti gli occhi in modo tale

Che sempre vedi a rischio la tua vita

Ed ogni impresa vedi finir male,

Finché, per evitare ogni pericolo,

Non corri a rintanarti in un cunicolo.

 

Così Brigastio, che era stato un prode,

Si ritrovò a tremar tutti i momenti

E posso dire, senza inganno o frode,

Che molto e molto spesso batté i denti,

Non per il freddo, che d’inverno esplode,

Ma per vigliacchi e vili sentimenti,

Sicché per non rischiare di rischiare

Finì a non fare altro che non fare.

 

Ma non facendo un dì divenne inquieto,

Perché la sua natura era più ardita,

E disse a sé «Brigastio su! Sta’ lieto!

Che vale mai una vita senza vita?

Da oggi ti divieto ogni divieto!»

E ritornò alla serie sua infinita

Di avventure, tra cui questa che scrivo

E a cui ritorno al canto successivo.

 

Canto Primo                Canto Terzo

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