Gesta di Brigastio – Canto Primo

Canto di Brigastio alcune gesta
Di cui m’è giunta misteriosa voce:
Di come mai non mise lancia in resta,
Né mai uno scudo in sua difesa pose,
Di come non amò una donna onesta,
Né fece d’altre così nobil cose;
Ma pure lottò sempre contro il male
Con solo il suo coraggio e il suo pugnale.
Al tempo in cui comincia il nostro canto
V’era in città una splendida pulzella,
La quale si menava un grande vanto
D’essere più d’ogni altra donna bella:
Il suo sembiante seduceva tanto
Che se portava a spasso la gonnella
La strada stessa se ne innamorava
(forse per via di dove la guardava).
Costei, che Mirabella aveva nome,
di molti cuori avea già fatto scempio;
L’amor per lei si diffondeva come
La peste nera, il tifo, od altro morbo empio
A cui Natura nessun freno pone:
Era adorata più di un dio in un tempio;
E lei, ancheggiando, sempre civettava,
Ma tutti i pretendenti disdegnava.
Per monti, mari, e per nazioni intere,
Di Mirabella la gran fama corse,
E giunse ai timpani d’un cavaliere
Che molti soldi aveva nelle borse,
Il quale appena la riuscì a vedere
I propri omaggi e il proprio amor le porse
Insieme a doni d’oro, argento e giada…
Lei disse: <<È troppo brutto. Se ne vada!>>
Costui, che Cuordipietra era chiamato,
Non era aduso ad accettar rifiuti;
Le disse: <<Di rispetto m’hai mancato!
Ti pentirai ben presto! E Dio t’aiuti!>>
Riprese i doni che le avea portato
Ed assoldò un manipolo di bruti:
gente disposta a qualsiasi lavoro
purché pagato bene, presto e in oro.
I bruti, grossi e armati di randello,
di Mirabella bussano alla porta,
E quando apre suo padre -Mirabello-
di botte gliene dan più d’una sporta;
Similemente fanno col fratello.
Poi prendono la dama e le fan scorta
All’antro tenebroso ove si stanzia
Quel tristo cavalier che li finanzia.
Di questo fatto turpe e scellerato
Giunse a Brigastio presto la novella
Ed ei, che non avea mai tollerato
Che si recasse offesa a una pulzella,
Disse: <<Farò giustizia del malnato
Che così opprime questa damigella!
Vieppiù che l’eroismo e simil cose
Rendon le donne molto generose…>>
Questi versi, che di mia mano vergo,
Del buon Brigastio cantino il coraggio,
Il quale, pur non possedendo usbergo,
Subitamente volse porsi in viaggio:
Lasciò il tugurio in cui avea avuto albergo
Gridando all’oste <<Grazie dell’omaggio!>>
E senza indugio montò una cavalla:
La prima che sellata trovò in stalla.
L’ostessa, lo stalliere, l’oste e il figlio,
Che certo gli eran molto affezionati,
Gli corsero alle terga quasi un miglio
coi visi rossi e con i pugni alzati,
Per salutarlo mentre con gran piglio
Correva verso perigliosi agguati;
E ognuno con affetto gli augurava
Di trovar quello che si meritava.
L’eroe, al galoppo, batte molte leghe,
Lanciando a briglia sciolta la giumenta:
Supera i fiumi, con le loro pieghe,
e i monti, dove l’aria fresca aumenta,
I fiordi, frastagliati come seghe,
e gli orti, col basilico e la menta,
E senza sosta corre fino a quando
Si accorge che non sa dove stia andando.
Così si ferma e chiede indicazioni
L’eroe che non possiede altrui difetto,
Facendo:<<Scusi, sa dove stazioni
Quel tal che Cuordipietra viene detto?>>
Ma chiunque senta porsi tal questioni
Si chiude in casa e fugge sotto al letto:
Così efferato infatti è quel fellone
Che fa terrore solo alla menzione!
Infine gli risponde una gran dama
Che passa giorno e notte alla finestra
Sperando nel ritorno di chi ama.
Gli dice: <<Segua la strada maestra,
Sin là dove declina oltre la piana,
Poi, appena dopo il ponte, svolti a destra.
Troverà presto quella grotta adorna
Da cui l’amore mio più non ritorna.>>
<<L’amore mio, ch’è un cavalier gagliardo,>>
Dice la dama bella al davanzale
<<Andò laggiù a affrontare quel codardo
Di cui lei stesso ha domandato il viale,
Poi che gli giunse voce ch’è un bastardo
Che a più d’un innocente fece male.
Or son tre giorni che sellò il destriero:
Tornare non lo vedo e sto in pensiero.>>
A lei rispose il nostro eroe glorioso:
<<Brigastio son nomato e ti prometto
Che scenderò in quell’antro tenebroso,
E se vi troverò quel buon cadetto
A cui donasti il cuore tuo amoroso
Lo strapperò a quel luogo maledetto,
Dovessi anche affrontare cento draghi,
Od orchi, o spettri, od esattori, o maghi!>>
Ciò detto il prode si rimise in viaggio,
Puntando alla caverna scellerata
Come aquila dal nobile piumaggio
Che sulla preda scenda giù in picchiata,
Ma appena ebbe lasciato quel villaggio
Da un fiume la sua strada fu tagliata;
Su questo s’incurvava un ponticello
Ben chiuso d’ambo i lati da un cancello.
Del ponte era custode un orco grigio,
Più alto assai d’un uomo che sia altissimo,
Che aveva il cuore nero e l’umor bigio
Ed era per natura violentissimo;
Questi era ad ammazzare molto ligio,
E a fare il suo lavoro era bravissimo:
Le teste aveva appese alla cintura
Di molti cavalieri di ventura.
E l’orco al cavaliere così disse:
<<Se tenti di varcare questa soglia
Farai la fin di queste teste affisse:
Nessuno può passarvi ch’io non voglia,
E nessuno che tentò mai sopravvisse,
Ma ognuno cadde come morta foglia:
Qui passa sol chi vince me in cimento
O chi mi paga il peso suo in argento.>>
Brigastio, che non possedeva argento,
E che non era certo un pacifista,
Sentendosi sfidare fu contento
E il corto ferro rivelò alla vista.
<<Di fronte a te io certo non pavento:
Se vuoi battaglia, vieni! E Dio t’assista!>>
Così disse balzando dall’arcione
Brigastio che non teme la tenzone.
L’orco possedeva uno spadone
Che a maneggiare era da tempo avvezzo:
Pesava più d’un bufalo o un muflone
Ed era lungo più d’un metro e mezzo:
Chiunque ve ne entrava in collisione
Non rimaneva mai d’un solo pezzo,
E in tutta la lunghezza in blu era tinto
Dal sangue degli eroi che aveva estinto.
La spada di Brigastio era un pugnale
Che lui chiamava con affetto “Zanna”:
La guaina era di pelle di cinghiale
E l’elsa d’un antico color panna,
La lama era scheggiata sul finale
E in tutto non più lunga d’una spanna,
Ma in grado di bucare senza impegno
Qualsiasi usbergo o scudo in ferro o in legno.
Tra i due tanto diversi contendenti
Comincia la battaglia furibonda:
Di spada l’orco mena gran fendenti,
Brigastio schiva e col pugnale affonda,
E l’orco versa sangue in fiotti ardenti
Sull’argine del fiume che già esonda,
Ma questo non lo ferma né rallenta:
La piaga sembra quasi non la senta.
La furia dell’attacco l’orco accresce
E lo spadone cala roteando,
E il nostro ardito a malapena riesce
A non cadere sotto il grave brando;
Brigastio scarta e guizza come un pesce,
Ma i colpi si susseguono fischiando,
E l’orco è tanto fiero e tanto forte
Che in volto già l’eroe vede la Morte.
La Morte ha un volto assai comune e sembra
D’averla vista già in un qualche loco,
È media di statura e ha medie membra,
E il suo sembiante sbalordisce poco,
Ma sa trovare chi una fiera smembra,
o cade per malore o ferro o fuoco.
Brigastio, però, è avvezzo a averla intorno:
La guarda e dice: <<Torna un altro giorno!>>
Terribile è il nemico e orrendo e irato,
E turbinando la sua lama incede
Verso Brigastio, che, benché provato,
Non piega il capo ed al timor non cede,
Ma invece balza a faccia in giù sul prato
E gli conficca Zanna dentro un piede,
Poi dà una spinta all’altra gamba oscena
E l’orco getta giù nel fiume in piena.
Con qualche filo d’erba nei capelli
L’eroe rinfodera la lama amata,
Ma quando giunge al ponte e ai suoi cancelli
Li trova chiusi a più d’una mandata:
La chiave che sbloccava i chiavistelli
Da sempre l’orco la tenea attaccata
A una catena che portava al collo,
E adesso era con lui finita ammollo.
Brigastio era capace, per ventura
(Perché era bravo con i marchingegni),
Di scassinar lucchetto o serratura
Che posti fosser per motivi indegni
Ad impedir la giusta sua andatura
E a separarlo dai suoi giusti impegni;
Così, con mano esperta e accorta mente,
Il passo poté aprirsi celermente.
Dunque, una volta superato il ponte,
L’eroe svoltò nel primo viale a destra,
Secondo le parole giuste e pronte
Di quella bella dama alla finestra,
E giunse in terra ove non sgorga fonte
Né cresce il fico d’India o la ginestra,
Ma tutto è brullo, aspro, impervio e tetro
E i sassi son taglienti come il vetro.
Ben presto l’eroe avvista una spelonca
Che s’apre dentro il fianco d’un’altura,
Poi lascia la giumenta in una conca,
Poiché la bestia trema di paura:
La lega salda ad una roccia tronca
E col pugnale in pugno s’avventura
Nell’antro oscuro di Cuore di Pietra
Laddove il buio avanza e il lume arretra.
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